Viaggio in Calabria. Istantanee di un amore perpetuo. Episodio 7

“I ceci, i ceci!” mi misi a gridare e lui guardandomi in modo strano “Questi sono ceci?”. Si, gli risposi. In effetti avrei potuto immaginare che non tutti crescono con l’immagine della pianta di ceci impressa nella mente; la mia invece si era già messa in viaggio verso quel luglio del passato, le piante di colore giallo stese al sole ad essiccare davanti alla casa di nonno prima della battitura dei baccelli. 

Una pianta, un profumo, bastava così poco affinché il “qui e ora” diventasse un “qui altrove” impregnato di ricordi, un viaggio nello spazio presente che ridisegnava nella mia testa uno spazio del passato. 

Benestare, con il suo venticello fresco a smorzare il caldo estivo, quel pomeriggio era il teatro del mio incrocio di spazi.

Circondati da antiche case che facevano da barriera ai raggi del sole, consumammo della frutta seduti su di un muretto e fu in quel momento che attirammo l’attenzione di due bambini intenti a smorzare i silenzi di Benestare con qualche calcio di pallone. Ci chiesero da dove venissimo ed io risposi che eravamo vacanzieri provenienti dalla grande “Reggio”. Soddisfatta la curiosità, ripresero la partitella amatoriale precedentemente interrotta a discapito delle povere porte del circondario. Nonostante il loro vivace caos, rimasi un bel po’ ad osservarli con un pizzico d’invidia, nessun disturbo urbano intralciava il gioco. Quante volte ho esclamato nella mia testa di voler vivere in un luogo in cui ci sia vita non chiedendomi quanto fossi viva io.  

Di tanti pensieri una certezza, ovunque avrei sentito la mancanza di una vecchia porta cigolante e dei suoi segreti nascosti oltre la soglia, dei ceci messi ad essiccare al sole di luglio, dei giochi scanzonati tra vicoli e contrade.

Lasciando Benestare, sulla strada del ritorno, complice la giornata fresca, decidemmo di proseguire il pomeriggio a Bovalino Superiore…ogni paese della marina aveva il suo doppione “superiore”, dove quest’ultimo era il libro di storia per comprendere l’altro. 

Bovalino Superiore era l’opposto del suo omonimo marino, case basse, la maggior parte in pietra, quiete, nessun palazzo incompiuto a distruggere il meraviglioso paesaggio. Non eravamo gli unici in visita all’antico borgo, le viuzze si animavano di presenze che da li a breve avrebbero fatto nuovamente spazio alla solitudine. 

L’ esistenza di Bovalino Superiore mi rincuorava, avevo bisogno di un diversivo, di una seconda via, di un’alternativa.  Qualcosa tuttavia mi creava disturbo, l’uomo era l’artefice sia del paese superiore che di quello in marina…

…CONTINUA

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